Cosa influenza la nostra percezione del cibo? Le caratteristiche legate
strettamente agli alimenti come sapori, profumi, temperature e consistenze, colori
e aspetto, ma anche tutte le sensazioni che accompagnano ogni esperienza
nutrizionale come per esempio suoni, abitudini, esperienza pregressa, emozioni
e stato d’animo. Il sapore di un alimento non è infatti una modalità sensoriale
definita: le papille gustative mediano la cosiddetta "sensazione
gustativa" o gusto di un alimento, ma in realtà si tratta di una
percezione cosciente che integra le modalità sensoriali del gusto e
dell’olfatto, e le caratteristiche ambientali in cui si vive l’esperienza.
Se pensiamo alle differenti abitudini culturali in ambito nutrizionale
(per esempio cibi più saporiti e piccanti in India o nel Sud America), possiamo
facilmente renderci conto come le papille gustative siano in grado di abituarsi
a certi sapori che diventano familiari e come invece vengano stimolate sempre
da sapori nuovi o inconsueti. Ponendo attenzione all’educazione alimentare rivolta
ai bambini ma anche agli adulti in ambito riabilitativo è estremamente
interessante rendersi conto che le papille gustative possono essere ‘’educate e
ri-educate’’ ai sapori.
Ma vediamo come si sviluppa appunto il gusto.
Gli organi di senso
si sviluppano già a 8 settimane di gestazione e alcuni studi hanno mostrato che stimolando i recettori del gusto si
registrano delle specifiche reazioni in termini di espressioni facciali in un
feto di appena 27-28 settimane. Quindi si può affermare con certezza che già
nel grembo materno il bambino è esposto a diversi gusti: i composti che hanno sapore sono presenti in
ciò che mangia la mamma e passano nel liquido amniotico alimentando il feto. Se
il piccolo viene abituato a determinati sapori una volta nato tenderà a
prediligere quei sapori, per cui l’educazione gustativa del nascituro
comincia già nell’utero materno.
Anche il latte materno, come il liquido amniotico, ha la caratteristica
di conservare e trasmettere al piccolo le caratteristiche organolettiche dei
cibi ingeriti dalla mamma. Alcuni studi evidenziano come i bambini allattati al
seno, essendo abituati ad un più ampio spettro di gusti (derivanti appunto dalla
dieta della mamma), siano più propensi ad accettare un nuovo vegetale alla
prima presentazione durante lo svezzamento rispetto ai bambini allattati
artificialmente (anche se nutriti con bevande addizionate di varie sostanze).
I bambini tendenzialmente hanno una predilezione per il dolce, il grasso
e il salato e una netta repulsione per l’amaro e l’astringente (per questo
tendono a rifiutare le verdure). Ma è
bene sapere che tra i 6 e i 12-18 mesi si possono stimolare nella maniera
più opportuna i recettori gustativi del piccolo e ampliando il suo orizzonte
gustativo si potrà abituare il bambino alla varietà nel sapore e quindi
alla varietà del contenuto nutritivo dei cibi. Proporre presto le verdure
più varie aiuta per esempio a rendere familiare il gusto amaro, così come
quello aspro utilizzando la frutta fresca e naturale. Tra i 18-24 mesi si
presenta quella che viene definita ‘neofobia alimentare’, il piccolo tende a
delineare i propri gusti e tendenzialmente rifiuta nuove proposte. In
questa fase è bene non assecondare esclusivamente le certezze richieste dal
bimbo ma continuare a proporre una buona varietà di alimenti giocando sulle
consistenze, cotture e presentazioni che lo possano incuriosire.
Man mano che il piccolo cresce si arriva al periodo della scolarizzazione,
che coincide con l’autonomia nell’alimentazione. In questa fase diventa importantissima
l’educazione alimentare, sia a casa che a scuola: ricoprono un ruolo
essenziale l’imitazione e quindi l’influenza di compagni e educatori. La sperimentazione
a scuola diventa esperienza o consolidamento di abitudini alimentari che
agiscono anche sulle pratiche alimentari proprie della famiglia.
Come avviene la maturazione del gusto? Intorno ai 20 anni le papille iniziano a consumarsi e
la percezione dei sapori è meno forte: si iniziano ad apprezzare gusti più
amari e decisi (es. birra, vino, caffè). Nel
corso della vita, a seconda di ogni fase, nei momenti di salute o malattia,
nei periodi più stressanti o in relazione ai livelli ormonali ci sono dei
momenti in cui le papille gustative sono più sensibili o viceversa che non aiutano
la percezione dei sapori. Tutte queste variabili influenzano le scelte
alimentari (cibi più piccanti o più elaborati, o viceversa cibi più dolci o
semplici,…). Nella terza età
generalmente si iniziano ad attenuare gli stimoli sensoriali e diventa ancora
più importante non farsi guidare solo dalla ‘gola’ ma ragionare sui cibi e i
condimenti che fanno meglio all’organismo.
Ovviamente, per quanto detto prima, se nel corso della vita
l’individuo ha mangiato vario sarà più facile che il pannello di scelte sarà
più ampio e più sicuro per il benessere dell’organismo. Ma è bene tenere
presente che, in qualsiasi momento della
vita e a qualsiasi età, la consapevolezza e la voglia di sperimentare sono due strumenti che possono
sempre aiutare a migliorare le scelte a tavola.
Laura
Sciacca, Biologa Nutrizionista
www.laurasciaccanutrizionista.it
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